Era il mese di novembre del 2017 quando il Fondo annunciò, attraverso esponenti del governo, di voler abbandonare, almeno in parte, gli investimenti nel settore petrolifero, nonostante quest’ultimo ne abbia alimentato per decenni le casse.

Il governo di Oslo ha impiegato quasi due anni prima di fornire il proprio parere sulla questione. Nel marzo 2019, tuttavia, il ministro delle finanze Siv Jensen ha confermato la strategia, annunciando un disinvestimento progressivo.

Tale svolta è stata dettata da una parte dall’onda crescente del dibattito legato alla transizione energetica verso le fonti verdi e la lotta al cambiamento climatico, mentre dall’altra è intervenuta la volontà di volersi svincolare dalle oscillazioni del mercato del petrolio (calo lungo termine quotazioni greggio).

Ad inizio ottobre 2019 governo norvegese ha quindi autorizzato il fondo a mettere in opera un disinvestimento, pari a 5,4 miliardi di dollari, limitato alle società focalizzate esclusivamente sulla produzione e sull’esplorazione di idrocarburi. Una mossa che consente alla Norvegia di salvaguardare gli investimenti in colossi come Exxonmobil, Total o British Petroleum, che diversificano le loro attività anche nelle rinnovabili, nell’idrogeno e nel biogas.